Scene da una consulenza: quando si inizia a parlare di Sales Management subito la discussione si fa più seriosa; anche le aziende più innovative, con team esperti ed abituati a dare la giusta importanza al brand management, al marketing e a tutte le altre aree strategiche ed operative, hanno un timore “reverenziale” verso le care e vecchie vendite.
Assolutamente comprensibile. Il flusso dei ricavi è uno degli aspetti fondamentali di ogni modello di business. Non sales no party.
Ora immaginate quando si parla di applicare l’economia comportamentale ai processi di vendita. Clima sempre più serioso. Massima attenzione e silenzio.
Cosa succede? E’ normale, c’è un po’ di perplessità verso l’utilità pratica della behavioral economics applicata ai processi di vendita.
Ora usciamo dalle scene di consulenza.
Siamo qui nel nostro blog (di Hybensis) e cerchiamo di sintetizzare dinamiche e prospettive utili per applicare la behavioral economics alle vendite.
Premessa doverosa: come abbiamo già specificato più volte vi sono vari modi di affrontare le questioni pratiche aziendali applicando l’economia comportamentale. Noi vi presentiamo il nostro modo di vedere le cose ed applicarle. Col tempo abbiamo testato e sviluppato metodi proprietari che non hanno la pretesa di essere dei dogmi accademici o dei riferimenti. Semplicemente funzionano, spesso bene, e ci riferiamo ad essi per discuterli e perfezionarli continuamente. Alcuni di essi hanno dimostrato col tempo di essere particolarmente efficaci ed utili, e li abbiamo standardizzati e ne abbiamo fatto le nostre soluzioni e strumenti principali: la 20x Analysis, Hyb One e Hyb Care.
Solitamente il percorso di consulenza mira ad individuare all’inizio i “big mistakes”, i grossi errori, collegati a rispettive bias che inficiano e riducono le performance del processo di vendita.
Per farlo ci riferiamo, nella maggioranza dei casi, ad una mappatura specifica e spesso tramite assessment “anonimi”, delle procedure pratiche attuate dalle aziende.
Come è strutturato il processo di vendita? Cosa succede esattamente al cliente prima, durante e dopo la visita al punto vendita (asset digitale)?
Una buona osservazione permette di far risaltare rapidamente gli errori principali che penalizzano i risultati e gli obiettivi di vendita.
Ora bisogna concentrarsi: quale bias sono all’opera? Vanno trovate le bias che causano (collegate) agli errori individuati. Fatto questo il primo passo fondamentale è compiuto.
Ora però bisogna fare una cosa tanto importante quanto difficile da mettere in pratica: far capire (vivere) ai team e alle risorse aziendali coinvolte come e perché queste fallacie sono attive, e come effettivamente penalizzano l’operato quotidiano dell’azienda. Può servire un workshop, o più sessioni di training. Dipende molto dal settore e dal contesto. E anche dalle bias individuate.
Siamo a due step compiuti. Trovare le bias, farle vivere al team aziendale. Ora la parte finale del processo: ideare e definire processi precisi e strumenti per superare gli errori.
Vi sono vari modi di affrontare le questioni pratiche aziendali applicando l’economia comportamentale. Noi vi presentiamo il nostro modo di vedere le cose ed applicarle. Col tempo abbiamo testato e sviluppato metodi proprietari che non hanno la pretesa di essere dei dogmi accademici o dei riferimenti. Semplicemente funzionano, spesso bene, e ci riferiamo ad essi per discuterli e perfezionarli continuamente.
Alcuni di essi hanno dimostrato col tempo di essere particolarmente efficaci ed utili, e li abbiamo standardizzati e ne abbiamo fatto le nostre soluzioni e strumenti principali: la 20x Analysis, Hyb One e Hyb Care.
Questa parte può a sua volta far uso dei principi legati a varie bias della behavioral economics ma questa volta sfruttandone le potenzialità in senso costruttivo. Ideando soluzioni pratiche basate su concetti chiave dell’economia comportamentale.
Tuttavia, la parte essenziale del processo che potremmo (come facciamo in azienda) chiamare : FIND, FEEL, FIGHT, è quella di ideare soluzioni pratiche che correggano i modi di operare attuali. Spesso le fallacie, come ad esempio l’optimism bias, portano a comportamenti poco efficaci. Ed è necessario agire per correggerli.
Esempio pratico e sintetico: per via dell’optimism bias alcune aziende non eseguono nessun follow-up, ma aspettano passivamente (fiduciose e troppo sicure di loro stesse) il ritorno dei clienti per confermare la vendita. Oppure non prevedono nessuno script o procedura di trattativa o “persuasione” al momento dell’approccio del cliente, ma lo congendano con formule standard aspettando (sicure) che “se è interessato” ritorni. Sbagliato.
Spesso proprio in questi momenti il team commerciale deve iniziare la propria attività, e questo non accade sempre.
Tornando all’utilizzo pratico della behavioral economics rispetto ai processi ed alle strategie di vendita, ecco una lista di suggerimenti o spunti che possiamo fare alla fine di questo brevissimo articolo (che racconta però una lunga esperienza di consulenza…):
- Bisogna agire rapidamente: preferiamo sempre (e consigliamo) di agire rapidamente, strutturando e testato subito un modello e una serie di ipotesi. Non amiamo ed è spesso poco utile in questi casi fare troppa attività di ricerca empirica (confronto tra gruppi di controllo ecc.). Su questo punto sicuramente molti colleghi o società simili avranno a che dire, ma è una delle nostre scelte operative di filosofia aziendale. Il giusto approccio quantitativo, non esagerare, l’importante è delineare il primo modello operativo di intervento, perfezionabile in seguito.
- E’ più efficace utilizzare delle procedure testate/collaudate: giusto sperimentare, ma per ottenere la massima efficacia quando si applica l’economia comportamentale ad altre aree aziendali è utile seguire un modello ben strutturato che facili le scelte e soprattutto permetta di correggere l’intervento ed ottimizzarlo potendolo guardare dall’alto. In questo articolo abbiamo citato il metodo proprietario: “FIND, FEEL, FIGHT”, relativo ad interventi che riguardano l’applicazione della behavioral economics al sales management.
- Studiare e conoscere le bias “tipiche” rispetto ad un’area o un settore fa la differenza: avere infatti una lista di bias che influiscono e sono presenti in alcuni tipi di settori commerciali o mercati è molto utile. Non è semplice farlo e può richiedere molto tempo. I vantaggi però sono assicurati: sapere quali fallacie sono comuni rispetto a un determinato processo o tipo di servizio o prodotto può aumentare di molto l’efficacia dell’intervento. (Nota: con la 20X Analysis abbiamo fatto questo: studiato ed individuato le bias più comuni rispetto al marketing strategico ed operativo, alla comunicazione e al brand management e sviluppato una soluzione specifica ed estremamente efficace.)